Sul fronte chietino, il centrodestra sembra aver trovato la quadra. Su quello di Avezzano, invece, la linea scelta è quella della continuità (quale?): le segreterie provinciali e comunali avranno ora il compito di “chiudere il cerchio”, nella speranza — forse vana — di una sintesi unitaria.
Ma resta un interrogativo tutt’altro che marginale: chi ha “individuato” Cesareo?
Fin qui la cronaca. Ma la politica, come spesso accade, vive soprattutto nei non detti, nelle smentite e nelle parole misurate al millimetro.
Perché, a margine del tavolo di confronto, emerge una questione spinosa: Cesareo ha dichiarato di essere stato “individuato” dal centrodestra per rappresentarlo.
Un’affermazione che, se presa alla lettera, implicherebbe una scelta chiara, condivisa e riconosciuta dai vertici della coalizione.
Peccato che, durante la riunione di Pescara, gli stessi segretari regionali abbiano puntualizzato con altrettanta fermezza:
«Non è nostro!»
Chi mente, allora?
Cesareo, che parla di una designazione maturata dopo mesi di confronto con la coalizione, oppure i rappresentanti regionali, che oggi si affrettano a negare ogni paternità politica della sua candidatura?
La verità, come spesso accade, probabilmente si trova nel mezzo: tra chi ha illuso e chi oggi preferisce defilarsi.
Secondo indiscrezioni, Verrecchia avrebbero provato a “caricare” la candidatura, mentre altri nel centrodestra hanno preferito prendere tempo.
Una cosa, però, è certa: se davvero l’investitura di Cesareo fosse avvenuta, basterebbe che uno solo dei segretari regionali lo confermasse pubblicamente.
Fino ad allora, Cesareo resta un civico “di fatto”, un nome privo di sigla e di appartenenza.
Un civico di complemento: Verrecchia lo vuole, ma Sigismondi precisa che non è di Fratelli d’Italia.
De Angelis lo spinge, ma Pagano replica che non è di Forza Italia.
E anche tra Noi Moderati la risposta è la stessa.
La verità vera è che ad Avezzano, dopo aver azzoppato la politica con mesi di trattative sottobanco e manovre poco limpide, si è finiti per ripiegare su un “civico a disposizione” — o meglio, un “civico di complemento”, utile a tappare la falla di una coalizione spaccata.
Una parte del centrodestra non riesce a rassegnarsi all’evidenza di una frattura interna e, in modo a tratti arrogante, pretende l’adesione supina di chi è stato escluso dalle decisioni reali.
Ma la voce dei regionali, che oggi sovrasta i giochetti di cortile dei locali, ha complicato un equilibrio già fragile, alla luce anche che UDC e Lega sono al fianco di Gianni Di Pangrazio. Una partita che poteva essere chiusa già dalle regionali che invece sta diventando come la “Sora Camilla” della politica marsicana. È così che Cesareo appare oggi: “alcuni lo vogliono, ma nessuno se lo piglia”.
Un candidato N.N. all’anagrafe della politica abruzzese, sospeso tra simboli che non lo rivendicano e sostenitori che lo considerano una soluzione di emergenza.
In tempi in cui le sigle sembrano contare più delle idee, non è certo un dettaglio. Anzi, è il segno più chiaro di una politica che, almeno ad Avezzano, non ha ancora trovato il coraggio di scegliere davvero.


