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Alzheimer, a Chieti si sperimenta IA per diagnosi – AbruzzoNotizie

pubblicato il

La Clinica neurologica
dell’ospedale di Chieti sta sperimentando l’intelligenza
artificiale per la individuare fattori nuovi e anche
insospettabili possono prevedere e segnalare chi, tra i
pazienti con lieve deficit cognitivo, può sviluppare la malattia
di Alzheimer conclamata.

   
Il direttore della Clinica, Stefano Sensi e la sua équipe
hanno introdotto gli strumenti di “machine learning” che
rivoluzionano la diagnosi e la prevenzione di malattie
neurodegenerative: grazie a questo sottocampo dell’Intelligenza
Artificiale gli algoritmi, pur senza essere esplicitamente
programmati, analizzano grandi quantità di dati, individuano
schemi e modelli, e utilizzano questi per fare previsioni o
prendere decisioni.

   
Sensi ha dunque avviato progetti di ricerca che integrano le
tradizionali competenze neurologiche con l’analisi dei big data
clinici, radiologici e prodotti dalle scienze cosiddette
“omiche”, e i risultati non hanno deluso le aspettative:
l’algoritmo di machine learning messo a punto dal gruppo di
ricerca si è dimostrato capace di predire l’evoluzione del
disturbo cognitivo lieve in Alzheimer, con un’accuratezza
superiore all’85%, arrivando in alcuni casi al 98% di
precisione.

   
E’ stato possibile incrociando centinaia di variabili per
ciascun paziente, quali dati di risonanza magnetica cerebrale,
punteggi delle valutazioni neuropsicologiche, biomarcatori per
l’Alzheimer nel liquido cerebrospinale, parametri ematici
periferici. E qui la sorpresa: l’IA ha evidenziato che alcune
alterazioni di parametri extracerebrali, come i livelli di
specifici acidi biliari nel sangue, risultavano tra i migliori
predittori del declino cognitivo.

   
Una scoperta che conferma la connessione tra organi e sistemi
ed il cervello e suggerisce che con la malattia di Alzheimer
c’entra pure il metabolismo periferico, aprendo nuovi filoni di
ricerca: sono collegamenti che solo un’analisi automatizzata di
big data poteva far emergere così chiaramente. “Questo è solo
l’inizio di un cambio di paradigma nell’approccio alle malattie
neurologiche – dice Sensi, con l’intento di voler giocare
anch’egli questa partita, nel ruolo da attaccante – perché
l’integrazione di medicina personalizzata e strumenti di
intelligenza artificiale ci permette di compiere un salto
importante nello studio del cervello. Le applicazioni vanno
dalla diagnosi precoce, come nel caso dell’Alzheimer o del morbo
di Parkinson, alla sperimentazione di trattamenti su misura
grazie alla scoperta di nuovi bersagli come una proteina, un
gene o un percorso cellulare da colpire con un farmaco per
ottenere un effetto terapeutico specifico”.

   

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