Nel cuore del Parco Nazionale d’Abruzzo, tra i silenzi solenni dei boschi e le vette ancora intrise di primavera, si è consumata una tragedia tanto silenziosa quanto devastante. Due giovani orsi marsicani, simboli fragili e preziosi di una natura che lotta ogni giorno per resistere, sono stati trovati senza vita nell’invaso artificiale di Colle Rotondo, a Scanno. Una vasca che oggi, svuotata, restituisce al mondo il suo terribile segreto.
Accanto a quei corpi immobili, non è stato rinvenuto nessun altro animale protetto. Ma le pareti della vasca, scivolose e alte, portano i segni profondi di un dramma invisibile. Lì, graffi evidenti, compatibili con le unghie di un’orsa adulta, raccontano di un estremo tentativo di salvezza. Una madre ha lottato. Ha scalato, graffiato, tentato disperatamente di aggrapparsi a quelle pareti lisce, forse riuscendo a uscire. Ma senza i suoi cuccioli. Loro, troppo piccoli, troppo deboli, forse terrorizzati, sono rimasti intrappolati in una prigione d’acqua e cemento. E lì sono morti.
Ma resta una domanda che lacera: perché? Perché due orsi, specie a rischio e sorvegliata con attenzione, sono potuti finire in quel luogo senza via d’uscita? La Procura di Sulmona ha aperto un fascicolo contro ignoti per l’uccisione di animali, ma ciò che colpisce, prima ancora delle responsabilità penali, è l’assurdità della morte stessa. Una morte che forse si poteva evitare.
Il dolore, in questi casi, non è solo quello della perdita. È il dolore del fallimento. Di una coesistenza tra uomo e natura che, nonostante i proclami, fatica ancora a diventare reale. Un invaso artificiale in una zona frequentata da fauna selvatica avrebbe potuto – e dovuto – essere messo in sicurezza. Bastavano griglie, vie di fuga, accorgimenti minimi. Bastava immaginare che l’imprevedibile, in natura, è sempre possibile.
Invece ora restano solo quei graffi, come ferite sulla coscienza di tutti. Tracce di una madre che ha provato l’impossibile. Che ha lottato non solo per sé, ma per i suoi piccoli. Tracce di amore, istinto, disperazione. Tracce che ci chiedono di fare di più. Di fare meglio.
Perché dietro ogni orso che muore, dietro ogni cucciolo che non ce la fa, c’è una storia che poteva andare diversamente. E una responsabilità che ci riguarda tutti.