AVEZZANO – Frasi altisonanti, e un cartellone grande quanto l’ego di certi oratori: “Comitato per la LIBERTÀ di INFORMAZIONE ad Avezzano e nella Marsica”. Un titolo ambizioso, nobile sulla carta, peccato che alla prova dei fatti l’incontro di giovedì 8 maggio, tenutosi nella sala riunioni della CGIL (tempio sacro dei “buoni propositi”), sia sembrato più una seduta di autocoscienza collettiva condita da regolamenti di conti, piuttosto che una vera agorà del pluralismo informativo.
Tanta gente? sì, una quarantina di nostalgici e la maggior parte di sinistra – quella sinistra che predica bene e razzola male. – Tanti discorsi, sicuramente. E anche le immancabili “eccellenze” della società civile avezzanese e marsicana: accademici, attivisti, qualche sindacalista nostalgico e un pubblico selezionato tra chi già la pensava come gli organizzatori, mancavano solo forse un paio di extraterrestri per completare il panorama.
Ma a dare pepe all’evento sono state soprattutto le voci di Angelo Venti, direttore della testata Site, e Claudio Abruzzo, giornalista pubblicista della stessa. Quest’ultimo ha toccato con mano la differenza tra i quotidiani attacchi ai colleghi giornalisti, che sono sostanzialmente passati inosservati, e le allusioni fatte su alcuni concorsi che invece hanno toccato l’orgoglio del dirigente del personale del Comune di Avezzano, molto meno propenso a farsi perculare o ad accettare illazioni.
Il clima era quello delle grandi occasioni: parole come “pluralismo”, “trasparenza” e “libertà” risuonavano tra le mura della CGIL con l’intensità di una recita scolastica ben preparata. A un certo punto, l’incontro sembrava più un processo (con tanto di pubblico ministero e giuria popolare) che un dibattito, con sottili allusioni e sorrisi.
Si parlava di pluralismo, ma a turno venivano messi alla gogna – in assenza – colleghi colpevoli di “fare il gioco del potere” solo perché non allineati alla narrazione dell’assemblea. Perché diciamolo: se un evento per la “libertà di informazione” si trasforma in una passerella per screditare colleghi giornalisti — magari solo colpevoli di non raccontare la realtà secondo il copione approvato — forse qualcosa non torna. E non è certo il microfono. Qualcuno ha sussurrato “libertà di stampa”, ma il microfono sembrava avere un filtro: attivo solo per chi era già d’accordo. Non sia mai che si perda il bon ton della sinistra radical chic, quella che denuncia le censure altrui ma blocca chiunque osi pensarla diversamente al primo post fuori linea.
Angelo Venti, con la sua consueta verve, ha fatto notare “l’anomalia di un’informazione che non è più libera ma direzionata”, dimenticando forse che anche l’informazione direzionata è quella che, a volte, viene da chi si presenta come baluardo della verità. Claudio Abruzzo, invece, ha raccontato (più tra le righe che apertamente) il suo recente richiamo da parte del Comune, un episodio che, pur non nuovo alle cronache come per il sottoscritto, è stato trasformato in bandiera per alimentare il clima da “noi contro tutti” dell’incontro.
Eppure c’era tutto: l’applauso convinto del pubblico, le frasi fatte lanciate con pathos, i riferimenti alla Costituzione (che fa sempre scena), e anche quella spruzzatina di vittimismo che non guasta mai: “noi, voce degli ultimi”, “noi, contro le lobby mediatiche”, “noi, martiri dell’obiettività”. Certo, finché non contraddiciamo il portavoce.
Fuori, nel frattempo, spirava un’aria diversa. La sensazione diffusa che quella che doveva essere un’assemblea per difendere l’informazione libera si sia trasformata nell’ennesima occasione per dividere i giornalisti in “buoni” e “venduti”. Qualcuno ha anche cercato di mettere il cappello politico all’assemblea.
Il paradosso? È che chi predica libertà, troppo spesso lo fa solo finché è il proprio microfono a parlare. Chi invoca trasparenza, talvolta, è il primo a tirare le tende quando il riflettore si sposta su di sé.
Ma non disperiamo. Tranquilli, quella che sembrava una seduta dei vittimisti anonimi, è solo la prima. E si sa, nelle repliche spesso esce fuori il vero spettacolo. Ci sarà da divertirsi. Le prossime potrebbero essere addirittura ancora più istruttive. O almeno, speriamo, più divertenti.
*(La foto di copertina è stata ripresa dal post Facebook di Claudio Abruzzo)