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Ia e cloud aiuto per decodificare Parkinson, la neurologia del futuro prende forma

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Miliardi di dati, velocità di analisi ed elaborazione: il cloud e l’intelligenza artificiale stanno contribuendo a rivoluzionare l’approccio clinico e scientifico al morbo di Parkinson. Si aprono scenari mai visti fino ad oggi che potrebbero rendere possibile una comprensione più profonda della malattia, l’identificazione di biomarcatori precoci e lo sviluppo di terapie personalizzate. A fare il punto è Rowland Illing, chief medical officer e director of global Healthcare & Nonprofits di Aws che è al fianco di istituzioni e fondazioni internazionali in progetti d’avanguardia, fornendo infrastruttura cloud, servizi di machine learning e capacità computazionale ad alta scala. “La neurologia del futuro prende forma attraverso ambienti digitali in grado di connettere competenze, dati e innovazione. La trasformazione in atto – avverte Illing – non è più una promessa, ma una realtà alimentata dalla capacità del cloud di aggregare conoscenza, democratizzare l’accesso ai dati e potenziare ogni attore del sistema sanitario”.

“Nel 1817, il chirurgo britannico James Parkinson identificò per la prima volta la ‘paralisi agitante’ osservando i movimenti corporei dei pazienti. Due secoli più tardi, la diagnosi della malattia si basa ancora prevalentemente sulla valutazione dei sintomi motori, riflesso diretto di un approccio clinico limitato dalla mancanza di strumenti in grado di cogliere i meccanismi neurologici sottostanti. Questa carenza contribuisce al crescente impatto sanitario della malattia – una condizione che, secondo l’Organizzazione mondiale della sanità, interessa oltre 10 milioni di persone a livello globale e che registra un raddoppio dell’incidenza ogni 25 anni”, ricorda il director of global Healthcare & Nonprofits di Aws

Secondo Illing, “le tecnologie basate su cloud, combinate alla potenza computazionale dell’intelligenza artificiale e del machine learning, stanno rivoluzionando l’approccio alla malattia, aprendo nuovi orizzonti diagnostici e terapeutici. L’analisi avanzata dei dati consente di decifrare l’impatto della patologia sul cervello umano, accelerando l’identificazione di biomarcatori, favorendo lo sviluppo di cure mirate e restituendo ai pazienti un ruolo centrale nel proprio percorso di cura”.

‘La disponibilità di dataset genomici su larga scala rappresenta un’opportunità strategica’

Patogenesi e limiti degli attuali trattamenti. “Il morbo di Parkinson è una patologia neurodegenerativa progressiva causata dalla degenerazione dei neuroni dopaminergici, fondamentali per la regolazione del movimento – continua Illing – Il deterioramento neuronale si traduce in rigidità muscolare, riduzione dell’espressività facciale, ipocinesia e tremori a riposo, ma può includere anche sintomi non motori come ipotensione, declino cognitivo, disturbi dell’umore, allucinazioni e deliri. In numerosi casi, si osserva anche un incremento del rischio di demenza. L’assenza di una comprensione etiologica completa impedisce l’identificazione di terapie risolutive. I trattamenti attuali si concentrano prevalentemente sulla somministrazione di farmaci dopaminergici, che offrono un sollievo temporaneo ma non arrestano la progressione della malattia. Tale approccio sintomatico comporta rischi rilevanti in caso di diagnosi errate, soprattutto nei pazienti affetti da patologie neurologiche simili.

L’analisi genomica su larga scala: verso una medicina predittiva. “Circa il 15% dei casi di Parkinson può essere ricondotto a mutazioni genetiche specifiche. La disponibilità di dataset genomici su larga scala rappresenta un’opportunità strategica per identificare nuovi marker di rischio, favorire diagnosi precoci e orientare lo sviluppo di terapie geniche. Ultima Genomics, azienda con sede in California, ha realizzato una piattaforma di sequenziamento di nuova generazione basata su Aws, capace di ridurre i costi di sequenziamento dell’intero genoma da circa 1.000 a 100 dollari. L’infrastruttura cloud scalabile consente di addestrare modelli di AI in grado di riconoscere correlazioni genetiche finora sconosciute, rendendo il trattamento personalizzato una prospettiva sempre più concreta”, spiega chief medical officer e director of global Healthcare & Nonprofits di Aws

Il dato esperienziale del paziente come risorsa clinica. L’eterogeneità fenotipica della malattia pone il paziente al centro del processo di raccolta dati. La Michael J. Fox Foundation for Parkinson’s Research, in collaborazione con Intel, ha avviato un progetto di monitoraggio basato su dispositivi indossabili e smartphone, finalizzato alla raccolta di dati biometrici in tempo reale. “L’infrastruttura Aws consente l’elaborazione scalabile di questi flussi attraverso piattaforme di big data e tecnologie IoT, garantendo la gestione sicura e anonima delle informazioni. L’obiettivo è creare un ecosistema di dati in grado di correlare i sintomi riportati con gli stati patologici sottostanti, fornendo insight clinici ad alta risoluzione, precisa Illing.

‘Mappare le trasformazioni cellulari che avvengono nel cervello umano rappresenta una svolta cruciale’

Biomarcatori e diagnostica predittiva. Il Parkinson’s Progression Markers Initiative (Ppmi) “ha identificato un biomarcatore rilevabile nel liquido cerebrospinale, rappresentato dalla proteina alfa-sinucleina in forma anomala, presente nel 93% dei pazienti affetti dalla malattia. L’analisi di questo indicatore rappresenta uno strumento diagnostico oggettivo e precoce, nonché un potenziale punto di partenza per lo sviluppo di terapie mirate – ricorda Illing – In parallelo, soluzioni di Ia imaging come quelle sviluppate da Icometrix – che ha ricostruito la propria pipeline di deep learning su Aws – consentono di monitorare in modo accurato la variazione volumetrica dei tessuti cerebrali, ottimizzando la precisione diagnostica e riducendo i tempi computazionali. Le immagini cerebrali diventano così una fonte di dati predittivi per valutare la progressione della malattia”.

Cartografia cellulare del cervello e targeting terapeutico. “Mappare le trasformazioni cellulari che avvengono nel cervello umano rappresenta una svolta cruciale per identificare nuovi bersagli terapeutici. Numerosi processi neurodegenerativi si sviluppano ben prima che emergano evidenze cliniche, ma sfuggono anche alle più avanzate tecniche di imaging. La Brain Knowledge Platform – progetto internazionale guidato dall’Allen Institute e basato su infrastruttura Aws – ambisce a colmare questa lacuna, costruendo il più vasto archivio open-source al mondo dedicato ai dati cellulari celebrali. Grazie alla combinazione tra potenza computazionale, servizi di intelligenza artificiale e machine learning – tra cui Amazon SageMaker – la piattaforma è in grado di analizzare le proprietà morfologiche e funzionali di centinaia di miliardi di cellule cerebrali, monitorandone l’evoluzione durante le fasi precoci delle malattie neurologiche”.

Secondo Ed Lein, Ph.D., Senior Investigator dell’Allen Institute for Brain Science: “Attraverso la Brain Knowledge Platform stiamo aggregando dati sulle popolazioni cellulari vulnerabili nei disturbi neurodegenerativi come l’Alzheimer, studiandone l’aspetto, il funzionamento e le conseguenze della loro perdita. Queste informazioni ci consentono di individuare con precisione nuovi target terapeutici. Un simile approccio, altamente scalabile, potrà essere applicato anche al morbo di Parkinson e ad altre patologie neurologiche complesse”. La natura aperta e interoperabile della piattaforma ne favorisce l’adozione da parte della comunità clinica e scientifica globale, agevolando diagnosi più precoci e promuovendo terapie capaci di contrastare direttamente la degenerazione dei neuroni dopaminergici.

‘Deep Brain Stimulation può essere migliorata con Ia e cloud’

Terapie neuromodulatorie guidate dall’intelligenza artificiale. “La possibilità di mappare con precisione l’attività cerebrale di ciascun paziente consente di ampliare il ventaglio terapeutico oltre i confini della farmacologia tradizionale. La Deep Brain Stimulation (Dbs), tecnica che prevede la stimolazione elettrica mirata di specifiche aree del cervello, rappresenta un’opzione consolidata per la gestione dei disturbi del movimento nei casi refrattari. L’integrazione – osserva Illing – con tecnologie basate su Ia e cloud consente di personalizzare in tempo reale intensità e localizzazione degli impulsi, migliorando l’efficacia clinica, riducendo gli effetti collaterali e rendendo il trattamento più accessibile. La Dbs digitalmente abilitata si configura così come una soluzione strategica per affrontare in modo dinamico la sintomatologia motoria e cognitiva”

Un ecosistema tecnologico al servizio della ricerca e della cura. “Il progresso nella lotta contro il morbo di Parkinson nasce dalla sinergia tra sapere clinico, innovazione tecnologica e partecipazione attiva dei pazienti. La convergenza tra ricerca medica, coinvolgimento dei caregiver e infrastrutture digitali avanzate disegna un nuovo paradigma per affrontare la neurodegenerazione. L’impiego di modelli predittivi, piattaforme interoperabili, e strumenti di analisi ad alte prestazioni consente di trasformare la gestione della malattia, dalla diagnosi alla terapia”, conclude.

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