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così il governo vuole uscire dall’impasse

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Il governo prova a uscire dall’impasse sulla questione Albania e studia una nuova soluzione normativa per ‘aggirare’ il terzo no della magistratura al trattenimento nei migranti nei centri. Dopo il vertice politico di venerdì scorso, presieduto dalla premier Giorgia Meloni al termine del Consiglio dei ministri, ieri a Palazzo Chigi è stata la volta di una riunione tecnica, dove si è iniziato a definire i contorni del provvedimento che il governo intende varare per garantire il pieno funzionamento delle strutture di Gjadër e Shengjin, costruite dall’Italia sul suolo albanese in virtù del protocollo siglato da Meloni con il primo ministro di Tirana, Edi Rama.

L’ipotesi Cpr

Una bozza ancora non c’è, ma le ultime indiscrezioni parlano di un decreto legge per convertire i due hotspot da centri di prima accoglienza in Cpr deputati a ricevere migranti irregolari già presenti in Italia e destinatari di un decreto di espulsione. Al momento si tratterebbe solo di una delle ipotesi sul tavolo. I tecnici – a quando apprende l’Adnkronos – starebbero approfondendo la possibilità di procedere senza che si renda necessaria una revisione del trattato, dal momento che sul territorio albanese è già presente un Cpr di piccole dimensioni.

Dubbi sulla giurisdizione albanese

All’interno dell’esecutivo, infatti, circolano dubbi sull’ipotesi di affidare i centri alla giurisdizione albanese, cosa che renderebbe necessaria una sostanziale modifica del protocollo. Un’autorevole fonte di governo, interpellata dall’Adnkronos, non nasconde il suo scetticismo: “Così facendo, si dovrebbe modificare l’accordo con Rama”, osserva la fonte. E rivedere i termini dell’intesa stipulata da Italia e Albania il 6 novembre 2023 non è un’operazione così semplice (“prima occorre fare verifiche anche con il primo ministro albanese”). E poi, viene spiegato ancora, c’è un altro elemento di cui tenere conto: “Edi Rama ha le elezioni”, in programma il prossimo 11 maggio. Perplessità che dovrebbero far convergere verso una soluzione meno radicale di quella paventata da alcuni organi di informazione.

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