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ABRUZZO IN DECLINO: LA PRODUTTIVITÀ REGIONALE CONTINUA A SCENDERE. OCCORRE INVERTIRE LA ROTTA

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di Piero Carducci (economista)

piero carducciL’Abruzzo in quattro numeri. Il primo, una dolorosa percentuale, -10%, il crollo del Prodotto Interno Lordo regionale 2020, causa la crisi indotta dal virus, con conseguente incremento di disoccupati, disagio sociale e povertà. Il secondo numero è un buon numero: l’insieme della risorse assai consistenti che la nostra Regione potrà investire se saprà usare bene i fondi europei, non solo quelli del Next generation. Il terzo numero è ancora una brutta percentuale: -18% l’export abruzzese nel 2020, ma la speranza è che la Regione comprenda finalmente la rilevanza dei mercati del lontano Oriente e si decidano le opportune politiche di sostegno all’export. Il quarto numero è il più preoccupante perché indice di un problema strutturale: -0,5% è il calo della produttività abruzzese nel 2019, un dato particolarmente grave, perché è il settimo anno di seguito che la produttività locale scende, mentre quella europea cresce mediamente dell’1,6% all’anno.

Si tratta di una grave criticità della nostra economia, che la crisi indotta dal virus amplifica ulteriormente. Il calo costante della produttività abruzzese significa che tutto ciò che facciamo non riesce a far crescere la nostra ricchezza, deprimendo dunque redditi, occupazione, benessere.
La decrescita della produttività è la sintesi di tutti i nostri ritardi. A guardare bene i dati, si scopre che la produttività della grande industria in verità cresce, mentre resta in terreno negativo nelle imprese molto piccole e male organizzate. Bassissima la produttività della pubblica amministrazione, la vera palla al piede dello sviluppo, che ostacola con mille lacci e laccioli i tentativi di crescita dei singoli e delle imprese.
La ricetta su come uscire dalla crisi è nota da tempo, ma purtroppo inapplicata. Limitandoci alle politiche della Regione Abruzzo, occorrono massicci investimenti nell’innovazione, nel capitale umano, nella ricerca e trasferimento tecnologico. E poi, adeguata assistenza tecnica per migliorare la quantità e la qualità di spesa dei fondi europei (l’Abruzzo spende poco e male, chiacchiere a parte) e mirate politiche per l’export approfittando della Via della Seta.

In particolare occorre aiutare i comuni nella progettazione e nel cofinanziamento dei bandi di varia fonte che vanno quasi sempre deserti per difetto di assistenza tecnica regionale. Occorre poi avviare un fondo sovrano o simile strumento finanziario per ricapitalizzare le imprese in crisi di liquidità e trasformare i debiti in capitale di rischio. Politiche specifiche devono accelerare lo sviluppo delle filiere in controtendenza, ovvero che crescono nonostante la crisi, come agroalimentare e farmaceutica.
Una criticità tutta da risolvere è quella dell’accesso distorto al credito,  fattore rilevante di inefficiente appostazione delle risorse tra imprese. Le risorse disponibili vanno indirizzate verso le imprese più dinamiche e profittevoli,  a prescindere dalle loro dimensioni. In generale va perseguita l’efficienza allocativa, premiando le imprese che vogliono crescere e creare lavoro in Abruzzo. Bisogna poi innaffiare di tecnologia le piccole imprese e la Pubblica Amministrazione, dove la digitalizzazione è in forte ritardo, e sulla spesa in  formazione c’è molto ma molto da riformare.

Molto carenti le funzioni regionali di private equity, ovvero l’acquisizione di partecipazioni, ma non di controllo, nel capitale di rischio di imprese che operano in Abruzzo, supportando piani di sviluppo mirati alla crescita del territorio. Tra le funzioni importanti da sviluppare al servizio delle imprese, rientrano la crescita delle relazioni di rete con istituzioni, Università, banche, investitori, associazioni dei produttori nonché i Comuni.  Una rete che faciliti il contatto con la Regione per accelerare le pratiche e sfruttare tutte le opportunità agevolative e normative. A partire per l’appunto da un miglior utilizzo dei fondi europei, sul cui tiraggio le imprese ed i Comuni mostrano gravi difficoltà.

Per farla breve, l’Abruzzo deve invertire questo trend di caduta della produttività se non vuole patire una strutturale decrescita. L’obiettivo della Regione dovrebbe essere quello di parare i colpi della crisi e di tornare allo sviluppo dal 2021, interrompendo l’andamento negativo della redditività di sistema che continuerà in assenza di incisivi interventi, facendo sprofondare l’Abruzzo nel profondo Sud.

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